di Stefano Ciccone
Dalla rivista Effetto Arte diretto da Paolo Levi
Guardando gli occhi di Bruno Tosi, nella luce soffusa del suo studio, tra una tavolozza ed una cornice rovesciata, accompagnati da un dolce sottofondo musicale, si capisce di avere di fronte un artista dotato di grande profondità emotiva, alla ricerca di una continua evoluzione artistica, iniziata alla fine degli anni cinquanta, ed oggi non ancora terminata. Bruno Tosi muove i primi passi guardando e studiando l’impressionismo francese, passando per l’Espressionismo fino alla Bauhaus, percorrendo i vari sentieri evolutivi dell’arte fino all’Informale passando dal Mac-Artk all’Iperrealismo concettuale, fino all’attuale Sperimentalismo Concettuale e la Paintingart.
L’arte di Bruno Tosi nasce dalle sue percezioni: l’occhio si posa su un dettaglio, un battito d’ala, una figura, un semplice gesto, ai quali, inconsciamente, si attribuisce un significato. Tramite la fonte ispiratrice della sua sensibilità quel significato suscita l’emozione e quindi l’impulso creativo. Ascoltando Wagner, vedendo un film di Bergman, o leggendo un verso di Shakespeare, musica, memoria visiva e parole poetiche diventano l’amalgama di cui è fatta la sua interiorità. E tutto questo poi si traduce in arte.
La purezza d’animo dell’artista lo rende anche particolarmente sensibile verso quella parte del mondo costituita dai poveri, dai diseredati, dagli emarginati, da chi vive una vita solo di sofferenza. Così i protagonisti delle tele di Bruno Tosi sono spesso narrazioni di una vita ingenerosa, sono “les misérables”, le vittime della fame e della guerra che sventolano bandiera bianca, una composizione drammatica di uomini e bambini dai tratti orientali, che portano i segni della disperazione, con un’evidente allusione alle guerre. La grande maestria nella scelta dei colori di Bruno Tosi deriva dalla sua capacità di adattarli alle sue narrazioni visive: così il rosso può essere drammatico su una tunica sanguinante, o dolce se posato lieve su petali di rosa.
Il bianco può invece rappresentare il gelo del silenzio, ma anche l’ovattata custodia di un ricordo, mentre il nero amalgamato spesso con il blu di Prussia, non è solo il colore del dramma e del lutto ma segna soprattutto il contrasto emotivo. Se avvertimenti come quello di Goya, il sonno della ragione genera mostri, o quella celebre di Pasolini che nel 1971 definiva la televisione mezzo di massa che non può che alienarci e sacrificarci, hanno influenzato fortemente l’artista, così i messaggi che risuonano alti e chiari dalle sue opere, trovano rispondenza nell’anima di chi ad esse si accosta. Perché all’anima non si sfugge, e in quella di Tosi c’è la sintesi perfetta dell’uomo e dell’artista, sempre pronto in questa sua duplice identità a sporsi, a dare battaglia, a dare significato e impegno al suo stesso operare.
I suoi quadri sono i suoi pensieri più profondi, rappresentano le sue certezze, i suoi dubbi, la sua consapevolezza di un dovere da compiere. Ma rappresentano anche il suo orgoglio, quindi la gelosa difesa che oppone a chi non vuole vedere e capire.